Gennaio-2021-newsletter-studio-Jyotir

E’ iniziato il 2021 ed eccoci ritrovati in occasione di una nuova Newsletter che spero possa farci compagnia e aggregarci in un dialogo comune, nell’attesa di ri-incontrarci dal vivo.
Sin dai primi giorni dell’anno, due parole enigmatiche e affascinanti hanno iniziato a scorrere nelle mie riflessioni e ad apparire nei miei sogni; ho deciso pertanto di lasciarle confluire in questo breve testo, in tutta la loro pienezza semantica e nelle suggestioni che evocano.
Si tratta della Epifania e della Ierofania; entrambi i termini condividono la radice etimologica greca “phainein” = “mostrare” che nella parola Epifania si congiunge con “epifaneia”, ovvero la “rivelazione divina” e nella parola Ierofania si unisce a “hierós”, ovvero il “sacro”.

Lo Yoga strumento di unione tra la sfera umana e quella divina – espressa a titolo esemplificativo dal chin mudra che attuiamo in alcune tecniche di Pranayama unendo il dito pollice e il dito indice della mano destra – può altresì rappresentare un trait d’union tra l’Epifania, la Ierofania e i nostri vissuti di uomini itineranti “nel mezzo del cammin di nostra vita”.
Credo fermamente che chiunque si dedichi alla pratica yogica con costanza e con dedizione, ispirandosi ad abhyasa, possa realizzare quanto essa stessa contribuisca giorno per giorno ad innalzare le rispettive sensibilità e attenzioni sia verso il substrato fenomenico sia verso quello che risulta più nascosto e meno apparente (noumeno).
Grazie e attraverso lo Yoga si imparano a saper cogliere e ad accogliere con maestria quei messaggi velati e misteriosi che la realtà trasmette sotto forma di segni, di sintomi, di coincidenze e di avvertimenti; il tutto velato da un avvolgente processo di sincronicità…Grazie e attraverso lo Yoga ci auto-educhiamo al fine di porci in un atteggiamento di puro e incondizionato ascolto di ciò che la coscienza cosmica continua a rivelarci.
Nelle sue Tavistock Lectures del 1935, Jung rispondendo ad una domanda sul parallelismo psicofisico affermava: “Il corpo e lo spirito sono due aspetti dell’essere umano, e ciò è tutto ciò che noi sappiamo. Per questa ragione preferisco dire che le due cose sopravvengono assieme in un modo misterioso restandone qui, perchè non si possono immaginare le due cose come una sola. Per il mio uso personale, ho concepito un principio che deve mostrare questo fatto di essere assieme, affermo che lo strano principio della sincronicità agisce nel mondo quando certe cose si producono in un modo più o meno simultaneo. comportandosi come se fossero la stessa cosa, pur non essendo tali dal nostro punto di vista.

Come ha affermato il maestro spirituale Marco Ferrini, Matsyavatara Das, in un suo illuminante seminario svoltosi tra la fine del 2020 e l’inizio del 2021 in merito alle astensioni e alle prescrizioni descritte da Patanjali nel celebre trattato degli Yoga Sutra, denominate rispettivamente Yama e Niyama, la Chandogya Upanishad appare in tutta la sua profondità di contenuti e di suoni sanscriti, come un esempio supremo di Ierofania.
La Chandogya una delle più antiche Upanishad risalente all’VIII a.c., appartiene al Samaveda, il Veda dei canti; prende il suo nome da Chandoga termine che designa “colui che canta gli inni sacri, i chandas”. Tali inni producono degli effetti che alimentano delle corrispondenze con i livelli superiori della coscienza; intimamente legati ai vissuti esistenziali tessono delle relazioni con i “loca supera”, i luoghi celestiali.
Si dispiega così dinnanzi ai nostri drishti uno spazio mistico caratterizzato dai diversi gradi di vibrazione e di condensazione; lo spazio upanishadico diventa esso stesso il trasmettitore privilegiato di verità incommensurabili nonché un nobile veicolo ierofanico, in cui Bhur, Bhuva e Sva, il piano terreste, quello celestiale e quello spirituale vibrano vicendevolmente! 

Sin dal periodo paleolitico l’Homo sapiens ha dimostrato di saper essere un Homo Religiosus capace di vivere una esperienza esistenziale del sacro. E si sono susseguiti i secoli duranti i quali i diversi popoli della terra dinnanzi alla manifestazione del sacro sono stati guidati e accomunati da un certo grado di stupor, lo stupore primordiale, misto ad un timore reverenziale…
Non possiamo non riconoscere che il sacro ci unisce; il sacro rivelato ci pone nella condizione di vivere con sacralità il divino manifesto; funge da sigillo possente per lo stesso, alla stregua del nostro inchino simbolico nella postura di yogamudrasana
L’esperire un intangibile sussurro e/o l’incipit di un canto sacro che si trasforma in una sinfonia percepibile dai nostri cinque organi sensoriali jnana indriya, alimenta delle danze ritmiche nella dimensione inconscia le quali tendono a destrutturare e a dematerializzare quanto reso pocanzi tangibile…e in quel soffio che si incammina verso il non manifesto (aviakta) la preghiera e la fede rendono i nostri credi immortali, perché immortale è la nostra anima!

E’ interessante sottolineare come il filosofo orientalista Mircea Eliade affermi come ogni ierofania, anche la più elementare, ponga in essere la coesistenza di due essenze opposte quali il sacro e il profano e lo spirito e la materia: “essa stessa rivela una paradossale coincidenza dell’essere e del non-essere, dell’assoluto e del relativo, dell’eterno e del divenire” (tratto dal testo “Trattato della storia delle religioni”, pag. 31). Lo storico delle religioni prosegue affermando che “l’irruzione del sacro ha come conseguenza l’apertura dello spazio profano umano ad un mondo trascendente nonché la rottura del flusso normale del tempo per essere ricondotti al tempo sacro dei primordi” (tratto dal testo “Il sacro e il profano”).
L’irruzione del sacro apre pertanto la via di comunicazione tra i livelli cosmici quali la terra e il cielo, ontologicamente facilitando il passaggio dall’uno all’altro.

Non posso concludere la Newsletter se non con l’esortazione di sentirci parte integrante di una unità sistemica grazie alla quale danziamo, viviamo e cantiamo al ritmo dell’Udghita, la sacra sillaba Om.
Come afferma il meraviglioso maestro Marco Ferrini “l’importanza donata al canto liturgico che accompagna la pratica rituale deriva dalla consapevolezza che solo colui che è cosciente della sua sacralità, potrà cogliere il vero frutto del sacrificio” (tratto dal testo “Raccolta di Upanishad vediche”, pag. 99).
Esercitiamoci pertanto nell’arte di diventare sempre più consapevoli in merito alla sacralità del canto dell’Om, alla sacralità delle nostre buone e generose azioni, alla sacralità delle nostre più nobili intenzioni per fortificare e far risplendere sempre di più la nostra sintonizzazione con il divino!
La Ierofania si immerge nell’Epifania ed entrambi si fondono all’unisono con lo Yoga, rivelandoci Sat Chit Ananda!

Prajapati covò i mondi. Di questi, covati, estrasse l’essenza: il fuoco dalla terra,
il vento dall’atmosfera, il sole dal cielo. Egli covò queste tre divinità.
Di queste tre, covate, estrasse l’essenza: i versi del Rigveda dal fuoco,
le formule sacrificali del Yajurveda dal vento, le melodie del Samaveda dal sole.
(Chandogya Upanishad, IV.17.1-2)

  Hari Om Tat Sat
Gaia

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